
28 Febbraio 2025
Dazi USA ed export italiano: strategie e opportunità
Intervento di Lucio Miranda alla trasmissione Focus Economia su Radio24
[→ clicca qui per ascoltare l'intervista integrale sul sito web di Giornale Radio]
Dopo le recenti dichiarazioni del presidente Donald Trump su nuovi dazi nel settore automobilistico, si è riacceso il dibattito sull’eventualità di una “guerra commerciale”. Tuttavia, secondo Lucio Miranda, non c’è da allarmarsi.
Miranda ha chiarito che il concetto di “dazio reciproco” — ovvero dazi speculari tra due paesi — non avrebbe un impatto significativo sull’export italiano, poiché le differenze attuali di dazio tra USA ed Europa sono già minime, nell’ordine del 2-3%.
“Il Parmigiano, il Chianti o una macchina industriale continueranno a essere acquistati anche con un lieve aumento di prezzo”, ha affermato Miranda. “Chi sceglie il Made in Italy, lo fa per la qualità, non per il prezzo più basso".
ExportUSA non registra cali o rinvii nei progetti di internazionalizzazione. Anzi, le imprese italiane sono pronte a partecipare a SelectUSA, la grande fiera del business organizzata dal governo americano per attrarre investimenti produttivi.
“Le aziende che lavorano con noi non si fanno condizionare da dichiarazioni politiche estemporanee”, ha detto Miranda. “Gli imprenditori conoscono i reali fattori che guidano le decisioni d’investimento.”
Lucio Miranda ha suddiviso l’approccio americano in tre settori:
Il presidente di ExportUSA ha spiegato che riconvertire settori come la cantieristica o la produzione di alluminio richiede anni e che spesso gli annunci politici non si traducono in azioni concrete nel breve termine.
Alla domanda se esista un mercato alternativo a quello americano, Miranda è stato chiaro:
“Gli Stati Uniti restano il mercato più grande del mondo. È stabile, in crescita e aperto agli investimenti. La raccomandazione è: impariamo a collaborare.
Francesco Massardo
Parto dal tema pesante di questa mattina, di queste ultime ore, cioè la decisione di Trump di imporre dazi anche sul fronte automobilistico, che è un settore che coinvolge grandi imprese con centinaia di migliaia di dipendenti, ma che ha anche un mercato di consumatori molto ampio anche in America. La prima domanda che le faccio è: sono minacce o azioni vere? Perché spesso Trump usa questi dazi come un'arma politica più che come una mossa economica vera e propria, perché spesso poi li ritira o li posticipa.
Lucio Miranda
Diciamo che, se questa è la minaccia, non mi sento preoccupato perché quando nella dichiarazione che ha fatto il Presidente Trump per imporre il 25% di extra dazio sulle auto di produzione non americana, ha anche detto "il 2 aprile annunceremo i dazi reciproci su tutti gli altri beni e per gli altri paesi".
Intendiamoci bene su che cos'è il dazio reciproco. Il dazio reciproco messo proprio nei suoi termini più semplici funziona così: se tu imponi un dazio a me, io impongo lo stesso dazio a te.
Bene, se noi andiamo a guardarci il differenziale, dei dazi tra Europa e Stati Uniti, vediamo che è minimo, in media è il 2 o il 3%, anche meno spesso e volentieri e per molti beni industriali è addirittura zero. Quindi questo cosa vuol dire? Che se noi passiamo a regime di dazi reciproci l'aumento del costo, l'aumento del prezzo import in America sarebbe del 2 o del 3%. Nella stragrande maggioranza dei beni che l'Italia esporta, stiamo parlando di beni di nicchia o beni con un alto valore aggiunto, beni con una forte differenziazione.
Se il Parmigiano Reggiano aumenta di prezzo del 2 o del 3%, il consumatore americano lo compra ugualmente, se il vino Chianti aumenta di prezzo del 3%, lo compra ugualmente e non è neanche detto che aumenti e dazi di questa entità non siano equamente riassorbiti tra importatore ed esportatore in modo tale che poi il prezzo finale al consumatore non cambi.
Francesco Massardo
Lei dice che non esistono beni sostitutivi di tante esportazioni del made in Italy, quindi in realtà l'elasticità rispetto a cambiamenti di prezzo è meno sensibile.
Lucio Miranda
Sì perché se vuoi mangiare il Parmigiano, è il Parmigiano Reggiano quello che devi comprare e 2-3% di prezzo di aumento non fa la differenza. Meglio mi sento nel caso dei beni industriali: per fare un esempio, una macchina a taglio laser che costa il 2% in più o il 3% in più non è quello che fa la differenza perché se il contenuto tecnologico del macchinario che acquisto in Italia mi permette un aumento di produttività del 10% anche se costa il 3% in più non ho problemi ad acquistarlo. Nel caso di una Ferrari se costa di più che problema ho? Anzi meglio, è ancora più uno status symbol. Sono beni che hanno un tipo di ragionamento di acquisto diverso alla base.
Francesco Massardo
Voi fate consulenza per entrare nel mercato americano, ecco io mi metto nei panni di un imprenditore senza nessuna esperienza: non mi sembrerebbe il momento più opportuno per entrare in un mercato, quello americano, in cui sta per cominciare una guerra commerciale. Ecco, come si riesce a mantenere comunque vivo un contatto commerciale che è sempre stato fortissimo quello attraverso attraverso l'Atlantico in una fase di incertezza del genere?
Lucio Miranda
Devo dire che per quello che facciamo noi, non abbiamo visto un grosso cambiamento di programmi e prospettive da parte degli investitori o delle aziende con cui stiamo lavorando. Molte delle nostre aziende parteciperanno a SelectUSA dove incontreranno tutti gli stati americani per poter avvantaggiarsi degli incentivi che gli stati mettono a disposizione se si va a produrre o anche solo ad assemblare in America, quindi sotto questo punto di vista l'interesse è aumentato. Dall'altra parte non c'è stato un significativo rallentamento di chi già pensava di entrare negli Stati Uniti, le aziende con cui noi lavoriamo sono aziende che hanno una solida consapevolezza dei fattori che guidano le scelte di investimento e di ingresso sul mercato per cui non si fanno spaventare da una dichiarazione estemporanea dove si dice che ci sarà il 200% dei dazi sul vino perché non sarà così e hanno capito bene che un dazio, un regime di dazi reciproci non cambierà per nulla gli elementi in gioco per esportare negli Stati Uniti, per cui vedo che stanno continuando a programmare e a pianificare il loro lavoro di ingresso sul mercato americano con noi.
Francesco Massardo
Cerchiamo di tracciare una sorta di morale sui dazi, che sono una manovra abbastanza anacronistica, nel senso che poi in un mondo dove è l'economia spesso a guidare la politica e non viceversa rischia di avere un effetto boomerang anche su chi questi dazi li impone. Qual è la vostra visione sia sulle decisioni di Donald trump cercando di farlo ovviamente dal suo punto di vista sia sull'eventuale risposta europea perché in Europa pare che si stiano preparando le contro risposte sui sui dazi e forse l'escalation non fa il bene di nessuno.
Lucio Miranda
Per quanto riguarda l'escalation e quanto riguarda le risposte dell'Europa io suddividerei metodologicamente la materia in tre tronconi:
Per tutto il resto ne abbiamo parlato prima, l'intento conclamato degli Stati Uniti è quello di passare ad un regime di dazi reciproci e come abbiamo visto non cambia per nulla l'equazione delle esportazioni italiane in America.
Per quanto riguarda l'acciaio e alluminio, soprattutto l'acciaio ha una grossa valenza politica in America perché storicamente è un paese che ha sempre fatto l'acciaio, l'acciaio è alla base del manifatturiero, tutta questa retorica politica a cui si associa il fatto che comunque l'acciaio è un settore molto concentrato per cui la lobby dell'acciaio è molto forte ed eccoci qua.. anche se poi di fatto l'acciaio americano rispetto alle produzioni internazionali è inefficiente e i prezzi sono più alti però politicamente difendere l'acciaio paga e quindi siamo arrivati qui..
Per quanto riguarda l'alluminio, tanto di quello che viene fatto a livello di dazi e non solo, è per rilanciare dei settori produttivi all'interno degli Stati Uniti e diciamo che ci può anche stare come obiettivo politico, ma per rimettere in piedi una un settore di produzione dell'alluminio non è una cosa che faccio in breve tempo, e ammesso che possa accadere, io comunque l'acciaio e l'alluminio lo devo comprare altrove, in Canada ad esempio, e quindi lo compro con il 25% di dazio maggiorato.
Perciò l'obiettivo di riconversione industriale ci può stare, ma fatto così lascia dei gap enormi perché per poterla portare in essere, mettere a terra, stiamo parlando di anni, non sono investimenti che posso fare in due mesi. Per rimettere in piedi un'industria automobilistica ci vogliono anni, idem per rimettere in piedi la cantieristica. Per cui, altro esempio, imporre queste fee aggiuntive sulle navi di produzione cinese o di proprietà cinese che attraccano ai porti americani, e fare questo per rilanciare la cantieristica americana ripeto, in via generale e di principio ci può anche stare ma stiamo parlando di 7-8 anni di lavori, ne vale la pena?
Ogni paese si specializza su qualcosa, quindi non è forse meglio specializzarsi bene su quello che sai fare bene e far fare gli altri altre cose? Non abbiamo tutte le risposte, ma noi lavoriamo con piccole, medie e grandi imprese, le aiutiamo a investire e/o a esportare in America e cerchiamo di fare questo lavoro bene. Per quanto riguarda i dazi ovviamente noi monitoriamo quotidianamente tutti i giorni la situazione e ci sentiamo meno allarmati rispetto a quello che emerge dai titoli di giornale.
Francesco Massardo
Una domanda che sicuramente vi avranno fatto anche i vostri clienti: per quella che è la sua esperienza, esiste un sostituto del mercato americano per tante aziende italiane che magari hanno iniziato anche a guardare altrove? Quello americano lo sappiamo è un mercato grandissimo, esiste qualcosa di simile per chi avesse pensato ad alternative?
Lucio Miranda
Io ho lavorato per quasi tre anni in Sud America: è un grande mercato, certo, ma non riesco a immaginare un mercato più protezionista. In Brasile un dazio economico è il 40% Noi ci stiamo lamentando adesso dell'aumento dei dazi del 25% sulle autoe ma provi a vedere qual è il dazio per importare una macchina in Brasile. Questa è la prima considerazione.
La seconda considerazione: quale può essere un mercato alternativo? L'Africa? Di fatto sì è grande, ma è un po una promessa che non è mai partita anche perché è molto frammentata, io riesco magari ad avere un successo commerciale in Nigeria, ma di fianco c'è il Congo dove devo ricominciare da capo e sono tutti sforzi che richiedono anni di lavoro.
Il giappone, che è un altro mercato interessante: io ho lavorato anche in Giappone, ed è un mercato estremamente protezionista non tanto in termini di dazio quanto di regole e di ostacoli non tariffari all'importazione, quindi difficilissimo entrare.
La Cina è tuttora orientata ad esportare, stanno cercando di sviluppare la domanda interna: ci riusciranno? Vedremo..
Per cui gli Stati Uniti restano il mercato più grande del mondo, quello più solido ed è in continua crescita e la nostra raccomandazione anche a livello politico è di cercare di andarci d'accordo, dobbiamo trovare il modo di andare d'accordo.
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