18 Febbraio 2019
Vendere macchinari industriali negli Stati Uniti: il caso di Nyve
Md Dario, dopo essersi affidata a rivenditori esterni, ha deciso di fondare Nyve per commercializzare i suoi macchinari nel mercato americano
Robert Julian Smith propone una serie di interessanti podcast in italiano sui temi del marketing e delle vendite. Nel Marzo scorso ha condotto un podcast con Lucio Miranda, presidente di ExportUSA. Proponiamo di seguito il podcast originale, il link al sito IB Metrics di Robert Julian Smith e la trascrizione completa del podcast.
Lucio Miranda. Internazionalizzazione USA MARKETING AND SALES IN ITALIANO CON ROBERT JULIAN SMITH
Oggi parliamo di internazionalizzazione verso gli USA con Lucio Miranda, Presidente di ExportUSA
Permettetemi di scherzare un pò con l'inglese, visto che stiamo parlando della mia patria [gli Stati Uniti] e gli Stati Uniti sono un Paese che sa apprezzare i prodotti italiani. Gli Americani conoscono i brand maggiori e i più rinomati, nel campo della moda pensiamo subito a Gucci e Armani, alla qualità del cibo con Rana e a grandi nomi come Ferrari e Lamborghini. Però la maggior parte dei prodotti che poi vengono venduti e quelli importati in America sono i prodotti dell'industria Italiana, specialmente nel settore dei macchinari. L'economia sta andando veramente alla grande.
Lucio, sei uno che sa tanto degli Stati Uniti e su come avere successo in USA per un’azienda italiana. Con la tua azienda hai aiutato tantissime aziende e imprenditori e tutt’ora continui a supportare chi vuole entrare in questo mercato difficile e iper-competitivo, insegnando ai clienti che con la mentalità giusta si può avere successo.
Lucio, parlaci un pò di te e della tua storia.
La mia storia in certo senso è semplice.
Nel 1993 arrivai a New York, feci un master e mi tuffai nel mondo del lavoro, sempre interfacciandomi con il mio paese d’origine: l’Italia.
Lavorai per anni come Marketing Sales Director del Nord America e poi mi misi in proprio, creando un'agenzia web. Nel 1997 cominciai a fare business tramite l’e-commerce. Di lì ho scritto un libro che è stato pubblicato nel ‘99, uno dei o se non il primo libro di web marketing in Italia. Da quel momento cominciai a posizionare i clienti sul mercato americano, tramite l’ottimizzazione sui motori di ricerca. Dopo qualche mese dal mio primo intervento, i clienti italiani cominciavano a ricevere delle telefonate da potenziali clienti americani. Ed è lì che gli Americani si accorgevano che l’italiano non aveva neanche una linea telefonica dedicata, per cui contattava noi chiedendo se potevamo fare le loro veci con il cliente.
Queste situazioni hanno cominciato a verificarsi molto di frequente, e abbiamo così deciso di lanciare ExportUSA che poi è diventata oggi la nostra principale attività. Nel corso del tempo e grazie all’esperienza, abbiamo aggiunto tutti i servizi presenti oggi, sempre seguendo l'espansione sia dei clienti che delle necessità.
Da poco abbiamo stabilito una nostra sede anche a Bruxelles, potendoci imporre quindi come un gruppo. La nostra sede primaria è a New York, ma abbiamo un ufficio a Rimini per gestire la clientela italiana, e infine uno a Bruxelles. Da anni abbiamo anche aperto un centro logistico a Dayton, in Ohio. E quindi eccoci qua ai giorni nostri. Eravamo partiti nel ’93, in un attimo siamo arrivati qui ed è già passata tutta una vita.
Wow. No, non sono stupito – in senso positivo- del fatto che nel ‘97 lavoravi già con l’e-commerce e che poi hai scritto un libro nel ’99; eri già all’avanguardia. Poi ci dirai il titolo, perché secondo me sarebbe una lettura molto interessante, ma non so se sia ancora possibile acquistarlo.
Non si può più acquistare perché ormai fuori stampa, ma devo ammettere che recentemente ho riguardato alcuni concetti contenuti nel libro che ora sono tornati potentemente d'attualità, per via degli sviluppi che ci sono stati e che sono in corso nell'ambito dell’e-commerce. In questo panorama che richiede investimenti sempre più potenti, la risposta oggi più che mai è la stessa del 1999: quella di trasformarsi, diventare o continuare ad essere un prodotto di nicchia, quindi identificare la nicchia o eliminarla.
A me piace tantissimo leggere, specialmente libri di business e a volte mi piace tornare indietro nel tempo, trovare un libro “vecchissimo” e leggere delle cose veramente ancora attuali e importanti. Parliamo invece del tuo lavoro attuale, che tratta un tema che mi sta molto a cuore, ovvero quello dell'internazionalizzazione specialmente verso gli Stati Uniti. Che prospettive ci sono per le aziende italiane negli USA?
Beh, noi siamo specializzati solo sugli Stati Uniti, quindi è l'unico mercato che seguiamo. E devo dire che c’è abbastanza da fare, perché gli Stati Uniti sono molto molto diversi da qualsiasi altro paese, soprattutto dall’Italia. Siamo abituati a vedere gli americani tutti i giorni, vediamo i telefilm americani su Netflix… abbiamo gli americani in casa da tanti anni e pensiamo che siano completamente uguali a noi. Quando si fa business ci si accorge che gli americani sono molto diversi nel modo di fare, nel modo di pensare sia per quanto riguarda gli usi commerciali che quelli personali. Tante volte l’ostacolo sta proprio in questo. Per quanto riguarda invece lo sviluppo e le prospettive del mercato americano, direi che il mercato in questo momento sta andando molto bene.
Qualche esempio:
L'inflazione è all'1% la disoccupazione al 4%.
Un dato aggiornato al 2018 è che il PIL americano è cresciuto del 2.9%. Volendo contestualizzare, il 2.9% del PIL americano è più grande del PIL del Belgio.
Sotto questo punto di vista, è come se gli stessi Stati Uniti stessero aggiungendo il Belgio alla propria economia tutti gli anni. Questo è il presente se vogliamo guardare al futuro.
Ci sono dei grossi segnali incoraggianti [per l'economia americana], il primo è che da dicembre 2018 gli Stati Uniti si stanno avviando verso l'indipendenza energetica. Gli Stati Uniti sono diventati esportatori netti di petrolio (una cosa che non accadeva da 75 anni), e l'export di gas naturale nel 2018 è stato esattamente il doppio del 2017.
Il risultato netto è quello di una massiva iniezione di liquidità per il sistema americano, e sempre in questo quadro macroeconomico estremamente favorevole si iscrive anche la riforma fiscale dell'amministrazione Trump.
Una delle leggi che sono cambiate e che però hanno ricevuto poca attenzione da parte dei media riguarda la tassazione dei profitti esteri delle multinazionali americane. I profitti esteri detenuti all'estero non erano mai stati tassati in precedenza. Con l'amministrazione Trump tutto questo è cambiato e dal 2018 si è cominciato a tassarli.
Questa manovra ha portato nelle casse dell'erario americano $465 miliardi senza aumentare di un dollaro la pressione fiscale sui contribuenti americani. 465 miliardi.
Un altro fattore determinante è il piano di rilancio del rinnovo delle infrastrutture lanciato dall'amministrazione Trump, che vuole rinnovare tutta l'infrastruttura americana composta da oleodotti, ponti, porti, strade, aeroporti e quant'altro.
Il piano prevede investimenti per un trilione di dollari in dieci anni. Sulla scia di questo piano i fondi di investimento privati specializzati in investimenti infrastrutturali hanno già accolto 460 miliardi di dollari pronti a finanziare queste opere. Quindi quasi la metà di questo piano di rinnovi infrastrutturali è già stato raccolto da fonti privati e anche questo è molto incoraggiante.
Perché?
Perché il rinnovo di tutte queste infrastrutture richiederà una serie di beni industriali come macchine e macchinari industriali, che tuttavia gli Stati Uniti non hanno.
Ne hanno una parte, ma il programma di rinnovo è talmente massivo che l'unico modo per far fronte a tutta questa serie di lavori è di importare macchinari. In questo senso l'Europa e più ancora l'Italia sono in pole position per riuscire a fornire alle aziende americane i macchinari e i beni industriali di cui necessitano. Questo piano di rinnovo delle infrastrutture è già incominciato. Per cui non solo c'è la fornitura di macchinari e beni industriali, ma ci sono addirittura delle intere commesse che sono state subappaltate a fornitori italiani.
Mi riferisco ad esempio a tutto il rinnovo della parte di ferroviaria e di metropolitane. Abbiamo diversi clienti che hanno vinto dei grossi contratti di subfornitura.
Questi progetti durano diversi anni non è una cosa che si esaurisce nel giro di pochi mesi quindi c'è un impegno di svariati anni di fronte. L'ultima cosa che vorrei dire, e che mi sembra che prometta molto bene per l'economia americana e che sostenga l'idea che il mercato americano sia molto interessante di qui al medio termine è il fatto che diverse produzioni che prima erano state spostate completamente in Cina stanno ritornando in America - il cosiddetto fenomeno del re-shoring - per cui riportare la produzione in America vuol dire che si ha bisogno di macchinari, impiantistica, beni industriali, ricambi, manutenzioni per cui una parte di questa domanda si tramuterà in import.
E ancora una volta Europa e Italia sono in prima fila per poter seguire le esportazioni di questo tipo di beni negli Stati Uniti. Questo è un ottimo segnale per le aziende italiane. La politica di Trump ha anche liberalizzato il mercato dell'export del gas naturale, che fino al 2015 era soggetto alle licenze export. Le esportazioni di gas naturale sono salite alle stelle e il gas naturale americano costa cinque volte meno di quello di quello europeo o sei volte meno di quello giapponese.
Sul tema dazi, c’è stata una variazione solo su acciaio e alluminio grezzi e francamente l’impatto delle esportazioni di alluminio grezzo dall’Italia agli USA non è forte.
Quando Trump ha incontrato Juncker il 25 luglio del 2018, l'accordo con cui si è usciti da quell'incontro è stato da una parte l'impegno ad eliminare le tariffe su macchinari industriali, dall'altra quello dell'Europa a importare più gas naturale. L'Europa non ha gas naturale, quindi deve importarlo e tanto vale che lo faccia dall’America.
Mi sembra tutto sommato una posizione win-win.
Quali sono le realtà italiane che potranno avere successo negli USA? Al di là delle industrie tradizionali italiane che suppongo vadano ancora benissimo, come moda e food. Ma per quanto riguarda la meccanica?
In realtà il pilastro dell'export italiano in America sono macchine, macchinari, beni industriali, impiantistica, parti di ricambio per cui secondo noi la parte del leone nei prossimi anni la faranno questi settori. Il governo italiano ha fatto una cosa ottima, che è quella di supportare e spingere Industria 4.0, che quando viene applicata nei settori di macchine e macchinari ha di fatto creato un modello di business dove i produttori di macchine fidelizzano il cliente finale e nel medio e lungo periodo la fonte di guadagno più importante diventa il macchinario in sé considerando tutte le attività di manutenzione preventiva e di diagnostica.
Questo è un aspetto molto interessante e un'iniziativa veramente bene, perché come dici tu non ci si pensa sempre.
L’Italia non è solo Gucci e Armani, ma ospita un’industria potenzialmente fruttuosa.
Ho letto una tua intervista al cui termine parli di una cosa secondo me fondamentale, ovvero la strategia e la mentalità che devono avere le aziende per avere successo non solo negli Stati Uniti, ma ogni volta che approcciano un nuovo mercato. È una cosa che ho avuto modo di vivere anche io lavorando per anni in Italia con aziende che vogliono andare in America e che volevano conoscere il business americano e come approcciarsi agli americani.
Comprendere mentalità e strategia sono fattori fondamentali nell’abbracciare qualsiasi nuovo paese, soprattutto gli USA
L’avere la mentalità è l'investimento più importante che non spendere soldi in ricerche di mercato o chissà che cosa. La mentalità è quella che ti fa vedere la spesa non come una spesa ma come un investimento, quella che ti fa capire che per andare in America -un mercato grande tanto quanto l'Europa- devi capire che non lo puoi conquistare in sei mesi. Se ci sono voluti decenni per la tua azienda storica di terza generazione per affermarsi in Italia, cosa ti fa pensare che ci vorrà poco tempo per stabilirti con successo in USA?
Certamente è un processo che non può concludersi in sei mesi o un anno. Perché in America dovrebbe essere differente? Questo è il primo concetto, mentre il secondo concetto da cogliere è quello che non siamo più negli anni Settanta. Le cose sono cambiate radicalmente dal 1970, perché la potenza cinese non c’era ancora e c’era una forte differenziazione tra le aziende.
Adesso le cose sono diverse. Devi essere svelto, riuscire a farti vedere ed essere scelto quindi è necessario fare uno sforzo nella comunicazione. Anche i consumatori sono diversi, perché gli acquirenti di oggi sono una generazione abituata a lavorare online. Bisogna sposare nuove logiche e nuovi modi di fare, questa è la prima cosa da comprendere.
L'altra cosa è che il nostro vissuto non può essere il metro di paragone del mondo. Ci sono altri vissuti, altri portati, altri valori che dobbiamo accettare per quello che sono. Non posso vedere tutto il mondo attraverso la lente d'ingrandimento o il prisma dell'Italia e della mia esperienza italiana, devo comprendere un modo di vivere di essere e di fare le cose diverso.
Questa è la colonna portante del riuscire ad entrare con successo in un nuovo mercato, dopo possiamo parlare di tutto il resto. Possiamo parlare di tecnicalità della tassazione, delle pratiche di importazione, del marketing, dei visti e di tutto il resto, ma se prima non c'è questa accettazione consapevole ed entusiastica dei modi di fare altrui, penso che sia difficile far strada.
È questo lo sforzo per riuscire: riuscire ad avere orizzonti nuovi.
Sono d'accordo con te e poi credo che il processo intero non sia facile perché ci vogliono anni per stabilirsi con successo in un nuovo mercato.
Quindi alla luce della tua esperienza, quali credi siano le cose positive e i prodotti che ha l’Italia?
Noi italiani abbiamo dei prodotti tecnologicamente avanzati e sono anche più economici di tanti altri che hanno circa le stesse funzionalità. Devo dire che la problematica della mentalità in aziende con prodotti ben pensati e con un posizionamento all’avanguardia, non c’è.
La mentalità di queste aziende è completamente diversa ed è un piacere lavorare con loro, anche perché vediamo che loro hanno piacere di lavorare con noi e si rendono conto che il loro prodotto ha una potenzialità. Si tratta di prodotti che hanno qualcosa da dire, quindi sono anche disposti ad investire perché ci credono.
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