News e Media
Gli effetti della crisi economica in Europa e in America
Rilettura di una news di ExportUSA 10 anni dopo: Perchè investire ed esportare negli USA nonostante la fase critica dell'economia
Aggiornamento del 25 Novembre 2023
Proponiamo un'aggiornamento sull'impatto dell'offerta e della velocità di circolazione di moneta [M1] sul tasso di inflazione in America. Guardando ai dati aggiornati al primo trimestre 2023, si può notare la bassa correlazione tra inflazione e offerta di moneta nell'economia americana, ma anche della bassa correlazione tra la velocità di circolazione della moneta e il tasso di inflazione in America.
Sembra un ulteriore confutazione della teoria monetarista pura secondo cui l'inflazione è sempre un fenomeno monetario. Più che quello, per noi di ExportUSA, è invece un altro elemento a supporto dell'idea che l'inflazione sperimentata in questi ultimi due anni negli USA sia dovuta a fattori legati al lato dell'offerta e non a quello della domanda come si era sempre verificato in passato. I colli di bottiglia dell'economia e i problemi di riavviamentro delle catene di approvvigionamento del post-COVID sono in gran parte responsabili dell'inflazione americana e mondiale. Una situazione in cui gli strumenti classici della politica monetaria, segnatamente l'aumento dei tassi di interesse da parte della FED e delle banche centrali, possono fare ben poco.
Articolo originariamente pubblicato il 9 Febbraio 2020
A dispetto del recente avvertimento del FMI in merito al riemergere del rischio di deflazione una domanda ricorrente è: perché negli Stati Uniti l’inflazione non è salita pur a seguito della massiccia iniezione di liquidità operata dalla Fed (circa 3200 miliardi di dollari) a seguito del fallimento di Lehman Brothers?
L'idea che l'inflazione negli Stati Uniti dovrebbe essere molto superiore al misero 1,6% registrato nel Consumer Price Index (CPI) nel Gennaio 2020 deriva dal pensiero della scuola monetarista, esemplificato dall’affermazione dal suo fondatore, Milton Friedman, che " l'inflazione è sempre e ovunque un fenomeno monetario".
Di seguito proponiamo un chiarimento della cornice monetarista in relazione alla politica monetaria degli Stati Uniti d'America e alle azioni intraprese dalla Federal Reserve (FED) per affrontare recessione e inflazione in America.
Iniziamo con la cornice monetarista, che si basa sul rapporto classico che lega l'offerta di moneta al valore in dollari di prodotto interno lordo (PIL). Quest'ultimo cattura sia la quantità di beni e servizi prodotti nell'economia che il loro livello di prezzo. La chiave è capire che l'anello mancante tra offerta di moneta e PIL è la velocità con cui la moneta circola nell’economia per generare acquisti di beni e servizi. Gli economisti chiamano questo grandezza il tasso di circolazione la velocità della moneta [velocity] La velocità della moneta può essere pensata come il numero di volte che un dollaro in circolazione è utilizzato in operazioni di compravendita in un determinato periodo. Per illustrare questo rapporto, si può pensare ad un corriere espresso. I monetaristi assumono che la velocità della moneta sia grosso modo costante. Questo rapporto tra offerta di moneta, la sua velocità e il valore in dollari del PIL non è controverso perché è un'identità e quindi deve sempre valere. Tuttavia, concludere da essa che l'espansione del bilancio della Fed porti automaticamente ad alta inflazione non è corretto per vari motivi.
In primo luogo, un malinteso importante riguarda la misura dell'offerta di moneta. L’offerta di moneta negli Stati Uniti, che la Fed controlla direttamente espandendo il suo bilancio, è chiamato moneta della banca centrale (o M0) e rappresenta la valuta in circolazione (tutte le banconote e monete) e riserve bancarie detenute alla Fed americana. Non è il concetto di offerta di moneta utilizzato nel quadro monetarista. Gli economisti di solito si basano su aggregati monetari più ampi (chiamati M1 o M2), che comprendono i conti correnti bancari e che quindi rappresentano l'offerta di moneta nel sistema finanziario più ampio, cui non solo le banche ma anche le imprese e i consumatori hanno accesso. Questi aggregati hanno quindi una connessione molto forte con il PIL. Durante questa recessione in America, la massiccia stretta creditizia che ha colpito il sistema finanziario americano ha rotto il consueto legame tra moneta della banca centrale e più ampi aggregati monetari. Così, mentre la Fed ha pompato circa 3200 miliardi di dollari nel sistema bancario americano, M1 e M2 sono cresciuti a un ritmo molto più moderato suggerendo una prospettiva di inflazione negli Stati Uniti molto minore di quanto non farebbe pensare l'aumento di M0.
In secondo luogo, l'ipotesi fatta dai monetaristi è che la velocità della moneta sia stabile o abbastanza costante nel tempo. In realtà, la velocità di circolazione della moneta negli Stati Uniti d'America è scesa da un valore di circa 2 prima della recessione innescata dalla crisi dei subprime a circa 1,6 recentemente, una riduzione del 20% quindi. Pertanto, in questo periodo c’è stata una pressione deflazionistica in America pari a circa il 20%, dovuta al calo della velocità di circolazione della moneta, che aiuta ad assorbire la crescita dell'offerta di moneta - con offerta di moneta costante questa riduzione nella velocità di circolazione della moneta avrebbe portato ad una diminuzione del 20% degli acquisti di beni e servizi per un periodo di tempo comparabile. Il declino della velocità della moneta è dovuto in gran parte alla crisi del credito nel sistema finanziario negli Stati Uniti, con le imprese e i consumatori che lottano per ottenere finanziamenti per gli acquisti e gli investimenti, e dalla riduzione della spesa delle famiglie per l'acquisto di beni e servizi. Questa crisi del credito è oggi ancora in fase di evoluzione e risoluzione.
In terzo luogo, i monetaristi pensano che l'aumento dell'offerta di moneta si manifesti in un aumento proporzionale dei prezzi di beni e servizi, in quanto sarebbe improbabile che più moneta fornisca una spinta duratura alla quantità di beni e servizi prodotti (ossia che aumentare l’offerta di moneta porti ad un aumento del PIL reale)
Il presupposto implicito dietro questa affermazione è che l'economia sia già in funzione a piena capacità o in piena occupazione, cosicchè qualsiasi stimolo alla domanda aggregata colpisce i vincoli di capacità di produzione e porta ad un aumento dei prezzi, piuttosto che un aumento del PIL reale.
Ma la profondità della recessione in America ha portato l'economia americana ad operare ben al di sotto del suo potenziale di lungo periodo. Il Congressional Budget Office stima che l'economia americana sia attualmente circa 3,8 % al di sotto del suo potenziale, il più grande divario dal 1980, escludendo la recente recessione.
Questo ragionamento è fondamentale, dal momento che la pressione inflazionistica sui prezzi non può facilmente realizzarsi quando l'economia funziona di gran lunga al di sotto delle potenzialità. In tali circostanze , la risposta razionale da parte delle imprese per accrescere i profitti è quello di aumentare la produzione e guadagnare quote di mercato, non di aumentare i prezzi.
Rilettura di una news di ExportUSA 10 anni dopo: Perchè investire ed esportare negli USA nonostante la fase critica dell'economia
Temi trattati: Politica monetaria FED - Tassi di interesse in America - Manovra economica espansiva - Riduzione tasse sulle società - Previsioni sul cambio Euro Dollaro
Inflazione in America - Andamento dell'inflazione nell'economia americana
Gli aggiornamenti ed i commenti di ExportUSA sull'andamento e le prospettive dell'economia USA