ECONOMIA USA
Approfondimenti sull'economia americana
Inflazione in America - Andamento dell'inflazione nell'economia americana
Ripubblichiamo oggi una news di commento sulla politica monetaria americana originariamente pubblicata sul sito di ExportUSA il 7 Ottobre 2014
È sempre affascinante rileggere a distanza di tempo le previsioni degli "esperti" soprattutto quando gli eventi sono stati tali e tanti da sfuggire completamente alla possibilità degli individui di immaginare il loro accadimento.
Era il momento in cui ormai appariva chiaro a tutti che l'economia americana si era messa alle spalle la crisi finanziaria del 2008 innescata dalla crisi dei prestiti subprime. Una parte fondamentale nel superamento della crisi era stata svolta dalla FED che aveva inaugurato una fase di espansione della base monetaria senza precedenti che aveva addirittura incluso un programma di acquisto di titoli sul mercato [il cosiddetto QE, Quantitative Easing]
All'epoca, passato il peggio, il mercato cominciava a interrogarsi sulle prossime mosse della FED in tema di politica monetaria. Sarebbe cambiata radicalmente? Basta QE? E quali sarebbero stati gli indicatori economici di riferimento a cui la FED avrebbe guardato per decidere la direzione e la velocità delle prossime manovre di politica monetria per l'America?
Come si può leggere nel commento pubblicato da ExportUSA, Il mercato si aspettava un ritorno ad una politica monetaria "normale" con un graduale innalzamento dei tassi di interesse mentre il Dollaro si sarebbe rafforzato nei confronti del'Euro. L'indice di riferimento sarebbe stato il tasso di disoccupazione in America: sotto al 6.5% di disoccupazione la FED avrebbe cominciato ad aumentare gradualmente i tassi di interesse.
In realtà le cose sono andate diversamente: la FED ha mantenuto una politica monetaria espansiva anche in presenza di una disoccupazione al 3.6%, l'inflazione non è decollata e i rendimenti dei titoli del debito americano non sono aumentato come tutti paventavano.
L'unica previsione "azzeccata" era quella sul tasso di cambio dollaro / euro che vedeva un rafforzamento del dollaro [ora attorno a 1.10] Rafforzamento che si è in effetti concretizzato ma per ragioni diverse e completamente imprevedibili ai tempi [Ottobre 2014] in cui questa analisi era stata sviluppata.
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Articolo pubblicato il 07 Ottobre 2014
Sei anni fa, sulla scia del crollo della Lehman Brothers e nel mezzo di una grave recessione, la Federal Reserve Statunitense aveva adottato una politica monetaria estremamente espansiva. Il programma di stimolo economico, conosciuto come “quantitative easing”, costato migliaia di miliardi di dollari, è riuscito a tenere l'economia lontano da una spirale deflazionistica.
Il programma inoltre ha spinto verso il basso il costo del debito per il governo federale. I buoni del Tesoro a 10 anni erano oltre il 4.,0% nel 2008. A partire dalla fine di Settembre, il tasso era sceso al 2,6%.
Negli ultimi anni, dal momento in cui la FED ha iniziato a intraprendere manovre più restrittive, molti investitori si sono chiesti quando i tassi di interesse sarebbero aumentati e che cosa sarebbe accaduto al valore dei loro portafoglio titoli. Gli esperti pensano che queste domande siano chiaramente giustificate alla luce del rallentamento del Rally Rate (l’aumento dei prezzi di stock e bonds) e delle osservazioni formulate in conferenza stampa dal presidente della FED, Janet Yellen. L'economia statunitense continua la sua modesta espansione, e le condizioni del mercato del lavoro sono costantemente migliorate. Il tasso di disoccupazione è sceso al 6,1%. Forse ancora più importante, la cessazione di grandi acquisti di asset da parte della FED dovrebbe compensare le preoccupazioni geopolitiche e il conseguente salto di qualità.
Riguardo questo ultimo passaggio, l’ex presidente della FED, Ben Bernanke, ha innescato un brusco sell-off di titoli di Stato nel giugno del 2013, quando suggerì, in una conferenza stampa, che la FED avrebbe diminuito i suoi acquisti di asset nel 2014. Il rapido aumento dei rendimenti ha innervosito molti investitori. Comunque, si dubita che i tassi aumenteranno ancora in modo così brusco e violento nel 2015. Il rendimento dei titoli di stato americani era attorno all’ 1,68% quando Bernanke ha fatto le sue dichiarazioni. Da allora, la maggior parte degli investitori ha accettato l'idea che i tassi di interesse saliranno gradualmente.
Non solo la FED ha continuato a fornire una guida ai mercati, ma anche Janet Yellen ha dichiarato che i rialzi dei tassi dipendono da una serie di fattori economici, tra cui il tasso di inflazione e la condizione del mercato del lavoro. Anche se l'economia continua a recuperare, il trend della crescita non è stato esplosivo. I mercati si aspettano che i buoni del Tesoro a 10 anni salgano gradualmente, arrivando al 3,0% in 12 mesi. Un altro drammatico aumento appare improbabile dato il programma di stimolo monetario della Banca Centrale Europea, che dovrebbe servire da ancoraggio ai tassi USA, impedendo un aumento troppo repentino.
Un aumento dei tassi di interesse non porta necessariamente anche ad un aumento della volatilità. La bassa volatilità ha portato a un più alto rendimento per le classi di asset a reddito fisso. Poiché i tassi di interesse salgono, i "cacciatori di rendimento" avranno ora maggiori opportunità di soddisfare i loro obiettivi di reddito. Considerata una maggiore crescita degli Stati Uniti, degli utili societari e dei mercati azionari, gli operatori finanziari ritengono che qualsiasi spread di allargamento sarà modesto.
Molti fattori possono influenzare i mercati valutari, ma si pensa che l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA continueranno ad essere una forza potente a sostegno del dollaro nei prossimi anni.
La dinamica positiva di crescita, la politica monetaria aggressiva e i più elevati tassi reali a lungo termine negli Stati Uniti aggiungono attrattiva al dollaro. Per la prima volta dall'inizio della crisi finanziaria, le banche centrali si trovano ad affrontare sfide molto diverse, e la politica di normalizzazione della FED arriva in netto contrasto con i piani di stimolo della Banca centrale europea, la Banca nazionale svizzera, e la Banca del Giappone.
Il dollaro si è rafforzato in modo sostanziale nel corso degli ultimi mesi e i rendimenti dei titoli USA hanno riguadagnato un pò di terreno, dal momento che la BCE ha chiarito le sue intenzioni di perseguire una politica monetaria espansiva. Mentre i mercati si aspettano che il dollaro possa crescere costantemente, (con il cambio EUR/USD che potrebbe toccare l’ 1,20 in un anno), è opinione diffusa che l'apprezzamento sarà più graduale rispetto al calo dell'8% del cambio EUR/USD che abbiamo visto tra maggio e settembre. Il fair value del cambioi EUR/USD è appena sopra il valore spot (stimiamo il potere d'acquisto a 1,33), e solo ulteriori divergenze nelle aspettative sui rendimenti manterrebbero il dollaro sostanzialmente sopravvalutato.
Il dollaro è ben posizionato nei confronti di molte valute dei mercati emergenti e in via di sviluppo. Ci si aspetta che le valute dei mercati emergenti (EM) non vedranno lo stesso tipo di sell-off violenti che hanno vissuto dopo che Bernanke diminuì l’ acquisto di asset da parte della FED a metà del 2013; tuttavia, il ritardo della ripresa economica in molti mercati emergenti, insieme con tensioni geopolitiche, potrebbe lasciare molte valute in svantaggio per tutto l'anno successivo.
Inflazione in America - Andamento dell'inflazione nell'economia americana
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